Valentina Foschi Passaggi Festival 2018La professoressa Valentina Foschi, docente di inglese al liceo classico e linguistico “Nolfi-Apolloni” di Fano, ha illustrato il complesso mondo dell’alternanza scuola-lavoro, una forza essenziale per Passaggi Festival.
La docente Valentina Foschi si è laureata in Lingue all’Università di Urbino. Ha insegnato italiano all’Università di Exeter in Gran Bretagna e poi a Edimburgo. È poi ritornata in Italia dove ha conseguito il MIEM, Master in International Economics and Management alla Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi di Milano. Dopodiché ha cominciato a lavorare in azienda, in una delle più grosse multinazionali americane basate a Milano come Responsabile Marketing e Comunicazione. Nel frattempo ha vinto il concorso per l’insegnamento ed ha scelto di proseguire su questa strada. I primi anni ha lavorato nei licei di Civitanova e Recanati. L’anno scorso ha ottenuto la cattedra a Fano presso il liceo classico Nolfi, lo stesso in cui si era diplomata.

Valentina Foschi, responsabile dell’alternanza

Qual è il tuo rapporto con l’alternanza scuola-lavoro?
Il mio rapporto con l’alternanza è iniziato l’anno scorso. Al liceo “Leopardi” di Recanati me ne ero già occupata come tutor di classe. Invece a Fano la prima cosa che mi ha chiesto la Dirigente Scolastica, vista la mia esperienza nel privato, è di occuparmene in prima persona. È stata un’esperienza interessantissima, perché quando sono arrivata era tutto da impostare. I licei hanno iniziato l’alternanza tre anni fa, ma c’era bisogno di tanto lavoro. Lo sforzo fatto è quello di dare all’alternanza un’organizzazione che sta ormai prendendo forma. Io sono referente per l’intero istituto che da quest’anno scolastico ha visto unirsi il liceo Nolfi e il liceo Apolloni, con notevoli problematiche. Il liceo artistico ha caratteristiche particolari rispetto agli altri indirizzi. In più abbiamo tre sedi, quindi anche la gestione fisica è complessa. Le problematiche ci sono anche per la parte di alternanza perché le necessità sono diverse. Oltre ad aver dato una nuova struttura all’alternanza, abbiamo avviato una serie di contatti con organizzazioni, enti, società per creare dei progetti d’istituto che coinvolgano un numero ampio di studenti affinché potessero fare un’esperienza in alternanza scuola-lavoro interessante e vicina al curriculum scolastico. Tutti i lavori sono validi, intendiamoci, ma qualcuno è meno attinente al curriculum scolastico. Abbiamo cercato di eliminare stage che non fossero collegati al percorso di studi intrapreso, ed abbiamo sviluppato numerosi progetti di istituto, tra cui Passaggi, che è uno dei grandi partner. Con Giovanni Belfiori ci siamo incontrati e abbiamo deciso di far lavorare i ragazzi, grazie alla sua disponibilità.

Identikit dell’alternanza scuola-lavoro: cos’è e come funziona

Che cos’è l’alternanza scuola-lavoro?
L’alternanza è arrivata nei licei con la legge 107. Credo che l’alternanza scuola-lavoro sia utilissima per i licei, che danno una formazione importante dal punto di vista delle conoscenze e delle competenze, tuttavia mancava un collegamento con il mondo del lavoro. È vero che chi fa il liceo nel 98% dei casi andrà all’università e quindi avrà un incontro successivo con il mondo del lavoro. Però il cercare di far capire ai ragazzi, seppure in piccola parte, quali sono i meccanismi di funzionamento del mondo del lavoro secondo me è importante, anche nell’ottica dell’orientamento e delle scelte future.

Quali sono le finalità dell’alternanza?
Le finalità sono tante. Una sicuramente è quella di avvicinare gli studenti al mondo del lavoro. La legge inoltre identifica l’alternanza come “metodologia didattica”, quindi una modalità di insegnamento diversa. Durante l’alternanza scuola-lavoro lo studente dovrebbe applicare le conoscenze apprese a scuola in maniera cross-culturale, come un travaso di conoscenze da un’esperienza ad un’altra. Poi c’è anche un aspetto relazionale. Una cosa è andare a scuola, dove il ragazzo è in un ambiente protetto e, ad esempio, se entra in ritardo può giustificarsi. Nel mondo del lavoro questo non è possibile e il ragazzo si deve rendere conto che ci sono dei meccanismi, delle modalità ai quali si deve adeguare. Infine c’è un lato orientativo e l’esperienza di alternanza può aiutare lo studente nella scelta del percorso futuro. Ad esempio, è successo che chi voleva fare l’avvocato è andato in uno studio e ha capito che quel tipo di lavoro non era quello che immaginava, per cui ha cambiato idea. I ragazzi poi nel 90% dei casi tornano con una visione “diversa” della scuola, cioè molto spesso si rendono conto che quello che fanno a scuola “serve” e quindi studiano meglio e di più.

In generale come è organizzata l’alternanza?
Io mi occupo di seguire l’organizzazione generale dell’alternanza scuola-lavoro ed i grandi progetti di istituto. Poi ci sono i tutor di classe che seguono la propria classe affinché ciascuno studente svolga l’alternanza o aderendo ai progetti di istituto o in casi particolari con progetti singoli, che però stanno scemando e sono destinati via via a scomparire. L’obiettivo è cercare di sviluppare il più possibile progetti ampi.

Puoi spiegarci in cosa consiste l’alternanza?
L’alternanza prevede nei tre anni finali di liceo 200 ore, che noi abbiamo suddiviso tra formazione in aula e stage in azienda. Il percorso di formazione è trasversale e viene suddiviso per classi. Prevede 30 ore in terzo anno, 30 ore in quarto anno e 20 ore in quinto anno. A queste si uniscono 120 ore di stage che prevediamo tra terzo e quarto anno.
Una parte di formazione è obbligatoria, come quella per la Sicurezza. Noi la abbiamo arricchita iniziando una collaborazione con un esperto di Pesaro che tiene i corsi in presenza. Poi ci sono tutta una serie di altre formazioni. Ad esempio per terzo e quarto anno ho organizzato un incontro con uno scrittore irlandese che ha tenuto una conferenza in inglese sul futuro degli studenti che hanno scelto un percorso di tipo umanistico liceale. È uno scrittore che lavora per una multinazionale a Dublino e quindi ha una visione interessante. Un altro incontro di formazione è stato quello con Europe Direct sull’Unione Europea e con il servizio Eures della Provincia di Pesaro-Urbino che ha presentato le possibilità di borse di studio in Europa per dare una prospettiva ai ragazzi che volessero lavorare all’estero.
Ci sono anche percorsi specifici, tipo un percorso collegato ad un progetto di stage sulla salvaguardia dei beni artistici. Ci sono stati una serie di incontri in aula magna per gli studenti in cui è stato presentato il lavoro di recupero dei beni artistici necessario in seguito ai terremoti marchigiani. Poi c’è stato un primo saggio di tecniche di restauro e da lì l’adesione dei ragazzi a uno stage che si è svolto con la restauratrice Bartoletti per applicare queste tecniche.
Ci sono anche formazioni organizzate in vista di uno stage specifico. Ad esempio alcuni ragazzi che hanno scelto lo stage con l’Università di Biotecnologie di Urbino hanno prima fatto un approfondimento sul DNA con i docenti di scienze, poi hanno seguito un corso intensivo di Matematica e Statistica per le biotecnologie e ora sono in laboratorio a fianco ai ricercatori. Tantissimi i progetti con la MEMO, ad esempio dei ragazzi stanno sviluppando per il secondo anno delle voci in Wikipedia su monumenti storici fanesi.

La scelta dello stage è personale?
Sì, prima sviluppiamo un progetto in cui comunico l’obiettivo, i percorsi, le modalità di stage, quanti ragazzi sono richiesti, il periodo ed un’ipotesi sulle ore richieste. Al vaglio di questa comunicazione i ragazzi fanno una scelta che comunicano al tutor di classe, che poi comunica a me i nominativi dei ragazzi interessati. Il prossimo anno cercheremo di implementare una modalità di adesione online con la possibilità di visionare i progetti e registrarsi, magari già da ottobre prossimo.

Il punto di vista dei ragazzi

Come è cambiato l’impegno scolastico dei ragazzi con l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro, soprattutto nella realtà del Nolfi?
Intanto la scuola sta cambiando. L’alternanza è una delle cose che ha reso il cambiamento più visibile. I ragazzi sono impegnatissimi in tanti progetti che arricchiscono il panorama delle attività scolastiche. Se si aggiunge anche l’alternanza, l’agenda è pienissima. In questo senso abbiamo cercato di creare sinergie tra progetti scolastici e progetti di alternanza scuola-lavoro. Un esempio è il progetto del giornalino scolastico, che abbiamo sviluppato come progetto di alternanza scuola-lavoro, che ha visto un percorso di formazione con un giornalista del Corriere Adriatico e poi i ragazzi hanno strutturato una vera e propria redazione. Questo è stato riconosciuto come lavoro per l’alternanza.
L’impegno dell’alternanza scuola-lavoro per gli studenti è tanto e secondo me le ore andrebbero ridotte, soprattutto nei licei dove non è prevista un’interruzione delle attività didattiche apposita per l’alternanza. Quindi le opzioni sono due: lo stage invernale o lo stage estivo. Nel primo caso l’impegno si svolge durante il periodo scolastico al pomeriggio e quindi lo studente deve gestire al meglio il tempo per lo studio. Nel secondo caso i ragazzi si trovano ad avere un carico di lavoro extra nel momento in cui avrebbero desiderio di riposarsi. Per uno studente, organizzare il proprio tempo per lo studio, necessario in una scuola come il Nolfi, diventa difficile. Questo, d’altra parte, può essere un vantaggio perché nel mondo del lavoro la gestione del tempo è una delle criticità maggiori.

La collaborazione con Passaggi Festival

La forza di un Festival come Passaggi risiede senza dubbio nell’ esercito dei suoi volontari, come è stato più volte ribadito nella cerimonia di inaugurazione. Quanti ragazzi dell’alternanza collaborano con Passaggi e con quali mansioni?
I ragazzi sono circa 70. Molti studenti, provenienti dal liceo classico, lavorano nella redazione e si dedicano alla scrittura di articoli per il Festival, dopo aver frequentato un corso di formazione con Giovanni Belfiori. Poi c’è il gruppo di video-team che segue con Giacomo Temeroli tutta la parte video. Ci sono inoltre i ragazzi della fotografia; un grande gruppo di ragazzi si occupa della logistica, cura l’accoglienza degli ospiti e gli info-point; poi ci sono i ragazzi che curano i vari laboratori. Numerosi ragazzi fanno le guide alle mostre, hanno fatto formazione con Paola Gennari, e sono disponibili ad illustrare le opere esposte ai visitatori. Un bel numero, un grande entusiasmo e tanta disponibilità.

Come vedi il binomio Passaggi Festival ed alternanza scuola-lavoro, c’è un futuro?
Spero di sì. Quest’anno è andato ancor meglio dell’anno scorso. Una cosa molto complicata è stata la gestione delle adesioni: c’erano troppi ragazzi che volevano partecipare. Questa è una cosa positiva perché i ragazzi che hanno partecipato lo scorso anno si sono trovati bene lo hanno diffuso. Già ci sono studenti che il prossimo anno vorrebbero partecipare. Passaggi è un banco di prova in cui i ragazzi apprendono e, al tempo stesso, mettono in pratica ciò che hanno appreso a scuola. Quindi c’è veramente una sinergia, una collaborazione fantastica.

Il lavoro come valore

Quali sono i valori che possono apprendere i ragazzi facendo alternanza scuola-lavoro?
Secondo me proprio il “valore del lavoro” come qualcosa che va al di là della retribuzione. L’alternanza infatti non è retribuita, ma con essa i ragazzi riescono a vedere qual è la finalità del lavoro, cioè la realizzazione di un obiettivo comune. A Passaggi si vede benissimo perché l’entusiasmo dei ragazzi nasce dal capire che stanno lavorando tutti per un obiettivo di cui vedono materialmente il risultato. Vedono la gente in piazza che guarda, che chiede, che si sposta. Questo è un grande insegnamento, mi verrebbe da dire “laboratoriale”. Come d’altra parte penso che ci sia anche un ritorno per il Festival anche se, forse, questo dovremmo chiederlo a Giovanni. Secondo me quella con Passaggi è una partnership ottimale!

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