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Il 25 maggio del lontano 1922 nasceva a Sassari Enrico Berlinguer. A distanza di quasi un secolo
la sua presenza nella storia politica e sociale italiana è ancora fortissima.

Cenni storici su Enrico Berlinguer

Attivo fin da giovane negli ambienti dell’antifascismo sardo, nel 1943 si iscrive al Partito Comunista.

Al termine della Seconda Guerra Mondiale è uno dei più instancabili artefici nella rifondazione del nucleo giovanile del PCI, la Federazione Giovanile Comunista Italiana. Fino al 1956 resta nel quadro dei dirigenti della FGCI, dopodiché entra nella segreteria del Partito. Dapprima è responsabile della sezione esteri, poi, nel 1972, diviene segretario generale; ruolo che manterrà fino alla morte.

Svolse un ruolo cardine all’interno del comunismo internazionale, avviando un processo di progressivo distanziamento dall’Unione Sovietica, un alleato sempre più scomodo per le democrazie europee nel corso della distensione postbellica. Insieme ad altri esponenti del comunismo della seconda metà del secolo scorso, elaborò un modello politico alternativo a quello dell’URSS, oggi noto come eurocomunismo.

Berlinguer fu un politico molto popolare, naturalmente apprezzato dai militanti della sua compagine ma anche molto apprezzato dagli avversari.

Si spense a 62 anni; a causa di un ictus che, inesorabilmente, lo colse proprio mentre teneva un comizio.

Nonostante le chiare difficoltà di salute, Berlinguer volle concluderlo ad ogni costo, quel maledetto discorso a Padova, nonostante i sostenitori, probabilmente consci della situazione, gridassero a gran voce “Basta, Enrico!”.

Berlinguer fu trasportato con urgenza all’ospedale di Verona, ove le sue condizioni apparsero da subito critiche. Casualmente il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, si trovava in città e corse a visitare il segretario al suo capezzale. In seguito al decesso, lo riportò a Roma sul suo volo presidenziale, affermando che lo portava via come un amico fraterno, un figlio ed un compagno di lotta.

Ai funerali a Roma parteciparono oltre un milione di persone: amici, ammiratori, militanti e politici. Volle partecipare anche Giorgio Almirante, il segretario del MSI; la persona più distante dalle posizioni del PCI.

Almirante affermò di aver sempre ammirato il rigore di Berlinguer e di essere dispiaciuto della sua morte. L’Italia repubblicana non fu mai testimone di una simile commozione per una figura politica, prima di queste esequie.

Alle elezioni europee del 1984 il PCI superò in numero di preferenze la DC schiacciasassi per la prima (ed unica) volta nella storia. Gran parte del merito di tale risultato viene attribuito all’onda emotiva dovuta alla scomparsa di Berlinguer.

Il compromesso storico

Durante la Prima Repubblica, è cosa nota, le principali fazioni della politica nazionale erano il Partito Comunista Italiano e la Democrazia Cristiana. A causa della cosiddetta conventio ad excludendum, sulla quale molto si dibatte e per approfondire la quale rimando ai suggerimenti di lettura, i comunisti non andarono mai al governo.

In seguito alle violenze a cavallo degli anni ’60 e ’70, però, Berlinguer e il presidente della DC, Aldo Moro, tentarono di avvicinare le loro posizioni, diametralmente opposte.

Berlinguer aveva espresso nel 1973, sulla rivista Rinascita, l’idea secondo cui era giunto il momento di tentare un avvicinamento tra le due compagini avversarie. Moro era esponente dell’ala più a sinistra del suo partito mentre Berlinguer, nel pieno della sua riflessione eurocomunista, riteneva che l’unico modo per entrare nella coalizione governativa e abbandonare le consuete posizioni di minoranza fosse una collaborazione con lo scudo crociato.

Oggi qualcuno parlerebbe probabilmente di inciucio. Il compromesso storico, però, fu una proposta di politica reale, necessaria e richiesta al tempo, poiché il PCI era portatore di progresso e cambiamento su
numerosi fronti ma non riuscì mai a dimostrarlo, restando permanentemente all’opposizione.

Tale epoca è ben distante da quella odierna, i politici erano pensatori del bene comune, statisti veri, non
apprendisti influencer su Twitter o Instagram.

Nonostante le intenzioni dei due leader, comunque, tanto l’ala più a sinistra del PCI quanto quella
più a destra della DC non videro mai di buon occhio il compromesso storico. Il progetto di
Berlinguer non fu mai adottato in toto, ma edulcorato e moderato, fino a diventare un piano che
faceva acqua da tutte le parti. Tanto che naufragò completamente nel 1978, a seguito del sequestro e
poi l’omicidio di Moro.

La questione morale al centro del pensiero di Berlinguer

Berlinguer è anche ricordato per essere stato tra i primi a sollevare la questione morale. L’allora
segretario del PCI, infatti, era solito interrogarsi ed interrogare i suoi colleghi relativamente alla
gestione del potere da parte dei politici italiani.

In questo Berlinguer anticipò i tempi dell’inchiesta Mani Pulite, la quale fece emergere un elemento deviato e patologico della politica italiana dei primi decenni repubblicani. Il segretario del PCI era indignato dal fatto che i partiti avessero occupato le istituzioni, abusando del loro potere e ribaltando quello che dovrebbe essere il loro ruolo.

In una intervista ad Eugenio Scalfari, per Repubblica, Berlinguer affermò: “I partiti non fanno più politica. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e clientela. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, senza perseguire il bene comune. Non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa.”

Così parlava, nel 1981, Enrico Berlinguer, eppure il suo punto di vista rimane attualissimo. Quell’intervista si chiude con la seguente constatazione: “Quel che deve interessare veramente è la sorte del Paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi: rischia di soffocare in una palude. Ma non è venuto il momento di cambiare e di costruire una società che non sia un immondezzaio?”

Uomo carismatico, prudente e moralmente intransigente, Berlinguer era timido e riservato di carattere. Per utilizzare le parole che Pertini consegnò alla stampa dopo aver riportato a Roma la sua salma: “Se n’è andato l’ultimo grande della sinistra italiana. Senza di lui questo Paese riscoprirà i suoi vizi e le sue debolezze e non sarà certo la sinistra a fare da argine al fiume limaccioso che esonderà.”

Egli fu una figura chiave della politica, della storia e della cultura italiana nella seconda metà del Novecento. Passaggi Festival vuole ricordarne la storia e le gesta consigliando a chiunque sia interessato ad approfondirne la vita e le azioni qualcuno dei numerosi volumi che trattano la sua figura.

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