Nicola Barbato, figlio di Andrea, legge un articolo del padre giornalista e consegna il premio a lui intitolato ad Ezio Mauro, ex direttore de La Stampa e La Repubblica. Sul palco, come moderatrice, Bianca Berlinguer.

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[no_dropcaps type=”normal” color=”red” font_size=”” line_height=”” width=”” font_weight=”” font_style=”” text_align=”” border_color=”” background_color=”” margin=””]E[/no_dropcaps]zio Mauro è stato premiato per non aver dimenticato di essere un cronista, per aver dimostrato che la credibilità non sta nell’essere esenti da errori ma nel saperli affrontare e per aver riconosciuto come padrone del suo lavoro soltanto il lettore. In seguito un’intervista da parte della giornalista e conduttrice di carta bianca Bianca Berlinguer, su varie tematiche, prime tra tutte il giornalismo , lo stato e la concezione di democrazia , il tutto permeato da profonde riflessioni sull’attualità politica e sociale , sul presente , il passato e il futuro del nostro paese e dell’intera umanità.

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Nicola Barbato, figlio di Andrea, ricorda il padre sul palco di Passaggi

Nicola Barbato, figlio di Andrea, ricorda il padre sul palco di Passaggi

La giornalista di Rai Tre lo sollecita sul tema scelto quest’anno per il festival: «Sembra stravagante parlare d’amore in un tempo in cui si diffonde l’odio, come si fronteggia questa costante tendenza alla chiusura e questa situazione di paura?». Ezio Mauro va in profondità:  «da quando non vale la legge del più forte lo stato deve garantire la sicurezza dei cittadini. È come se tutti i nostri valori costitutivi che pensavamo mai sarebbero stati messi in discussione stessero per crollare. Ci troviamo in un momento di crisi della democrazia che va al di la dei nostri confini e molti cittadini impauriti pensano che la democrazia ormai non funzioni, in quanto le forze politiche mondiali non sembrano avere alcuna risposta se non quella di chiudersi dentro un fortino. Abbiamo il dovere di rispondere a questo riflesso di insicurezza. Non c’è una via di fuga : il corpo del terrorismo diventa un’arma e il martirio una scelta; attaccano la quotidiana banalità della nostra democrazia. Ma non siamo più consapevoli che la nostra libertà sia preziosa perché abituati a respirare errori. Il nostro riflesso condizionato si riassume nella compassione quando dovrebbe essere pura condivisione. Ci rendiamo conto che la democrazia non viene affermata ad ogni latitudine, non si esporta con le armi e il relativismo dei diritti e dei valori ci disabilita: non lo accettiamo con il conseguente bisogno di affermarla continuamente. La democrazia è un sistema di garanzie che ci diamo: loro lo sanno e ci attaccano per questo. Quelli della Promenade di Nizza sono morti perché sono come noi e sono morti al posto nostro!».

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Articolo a cura di Giorgia De Angeli, Alex Di Malta, Aurora Pozzi.

Fotografie di Silvio Stelluti Scala.

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