La rassegna Libri in Piazza della tredicesima edizione di Passaggi Festival si è conclusa con una storia di Liberazione e libertà, quella della partigiana Sandra Gilardelli. A raccontarla al pubblico di Fano sono state Jessica Chia, autrice del libro La staffetta senza nome. Autobiografia di una partigiana (Solferino), e Francesca Schianchi, giornalista per La Stampa e opinionista nel programma tv Propaganda Live. Alle loro parole si sono aggiunte quelle della stessa Sandra, riportate in un breve, ma emozionante video trasmesso in Piazza XX settembre.
Sandra: una ragazza partigiana
Sandra Gilardelli è una ragazza di quasi cento anni, età che compirà proprio in questi giorni. Così Jessica Chia ha introdotto al pubblico di Passaggi Festival la protagonista di La staffetta senza nome. Autobiografia di una partigiana, libro frutto della collaborazione delle due donne. Sandra è nata a Milano, in una famiglia medio borghese e antifascista, che nel 1943 lasciò la città lombarda per sfollare a Pian Nava, un piccolo villaggio sui monti piemontesi. Qui iniziò il suo impegno attivo nella Resistenza: a soli diciotto anni Sandra iniziò a militare nella brigata Cesare Battisti come staffetta partigiana, garantendo le comunicazioni tra i compagni e rischiando la vita pur di perseguire l’ideale di libertà che animava tutti loro.
Una staffetta senza nome
Jessica Chia ha raccontato che sono due i motivi per cui l’autobiografia di Sandra Gilardelli è stata intitolata La staffetta senza nome.
Innanzitutto, i partigiani, per motivi di sicurezza, non sapevano nulla gli uni degli altri, nemmeno i loro nomi: essi, infatti, entrando nella brigata di appartenenza, si attribuivano un nome di battaglia. Per Sandra è andata diversamente. Abitando in un piccolo villaggio si è ritenuto che fosse più sicuro per lei non nascondere la propria identità, celando, invece, l’attività partigiana nella vita di tutti i giorni. Lei, quindi, non ha mai avuto un nome di battaglia, è stata “una staffetta senza nome”.
La Resistenza delle donne
Il secondo motivo che ha condotto alla scelta del titolo La staffetta senza nome non riguarda solo la storia di Sandra, ma quella di tutte le sue compagne. l libro di Jessica Chia e Sandra Gilardelli costituisce una testimonianza diretta di una parte della Resistenza che per anni non è mai stata raccontata: quella femminile. Secondo i dati dell’ANPI le donne che combatterono per la Liberazione dal nazi-fascismo furono 35 mila, eppure la Resistenza è stata per molto tempo declinata solo al maschile. È ora di riconoscere e raccontare l’impegno delle numerose donne che hanno contribuito alla Liberazione, in vari modi, non solo come staffetta, ma anche nascondendo partigiani nelle proprie abitazioni o producendo per loro beni essenziali, come i calzini di lana che Sandra e le sue zie cucivano per chi andava a combattere sulle montagne.
I valori della lotta partigiana: amore, amicizia e solidarietà
Durante la lotta partigiana Sandra ha conosciuto Mosca, primula rossa dei combattenti per la libertà, che venne fatto prigioniero. I due partigiani non si videro per anni, ma si rincontrarono alla fine della guerra e, da quel momento, non si sono più lasciti: Sandra e Mosca sono diventati marito e moglie, hanno avuto una figlia e hanno condiviso settantacinque anni di vita.
Nella brigata Sandra trovò l’amore, ma anche un grandissimo senso di amicizia e solidarietà. In La Staffetta senza nome ha raccontato che i partigiani erano come i tre moschettieri: uno per tutti, tutti per uno. La Resistenza le ha trasmesso i valori della collaborazione e della condivisione, che ha continuato a coltivare anche in seguito, ad esempio facendo volontariato in Caritas.
Libertà è tornare a ballare
Sandra Gilardelli non vuole che le si dica che è stata un’eroina. Lei e i suoi compagni non hanno partecipato alla Resistenza per coraggio, bensì perché mossi da radicato e forte ideale di libertà. Nel contributo video trasmesso durante la presentazione del libro Sandra ha affermato:
“ho sempre pensato che la libertà conquistata è il più grande dono che potessimo concederci”.
E appena conquistata la libertà, la prima cosa che Sandra e gli altri partigiani hanno fatto è stato tornare ballare. Questo è quanto racconta il capitolo di La staffetta senza nome dedicato alla Liberazione, intitolato proprio Libertà è tornare a ballare. Durante i festeggiamenti per la liberazione di Verbania, città piemontese vicino a Pian Nava, qualcuno ha regalato a Sandra una rosa, che ancora custodisce come ricordo di quelle giornate di libertà tanto attese.
Libertà, Europa unita e democrazia: gli ideali di Sandra Gilardelli
La famiglia di Sandra Gilardelli era antifascista e molto progressista. Non si è mai sentita inferiore rispetto a suo fratello, non riceveva trattamenti diversi dai suoi genitori in quanto donna. La partigiana ha raccontato a Jessica Chia che con i suoi familiari condivideva il sogno di un’Europa unita, senza nazionalismi. La situazione, però, era molto diversa fuori da casa sua. Durante la sua gioventù non si parlava di democrazia, un concetto sconosciuto sotto il fascismo. Il diritto di voto per tutti, per la prima volta anche per le donne, è tra le conquiste della lotta partigiana ed è tra i valori che Sandra Gilardelli cerca di trasmettere ai giovani quando nelle scuole racconta di Resistenza e Liberazione.
Diventare staffetta per continuare a raccontare la Resistenza
I testimoni diretti della Resistenza sono sempre meno e in pochi anni non ce ne saranno più. Liliana Segre ha affermato recentemente che ha il terrore che quando non ci saranno più testimoni diretti dell’olocausto, questo possa diventare “solo due righe nei libri di storia”. La stessa fine potrebbe immaginarsi anche per la Resistenza. Per evitare ciò è, quindi, necessario raccogliere le testimonianze di chi è stato protagonista e vittima di queste storie, come ha fatto Jessica Chia in una serie di videointerviste che ha come protagoniste le donne che hanno preso parte alla lotta partigiana. Tra queste, oltre a Sandra Gilardelli, c’è anche Teresa Vergalli, una delle poche donne che hanno raccontato gli stupri e le violenze di guerra. Nelle parole di molte di queste donne, Jessica Chia ha trovato la paura che si stia tornando al clima di indifferenza e odio che si respirava durante il fascismo.
Francesca Schianchi ha concluso l’incontro affermando che ora è il nostro turno: tutti noi dobbiamo diventare staffetta per continuare a raccontare la storia dei partigiani, quando loro non ci saranno più.
