È stato presentato ieri, alle 19 e 30, al Chiostro delle Benedettine, il libro di Francesco Delzio Opzione Zero. Il virus che tiene in ostaggio l’Italia, edito da Rubettino. Un’analisi del morbo che ha espugnato l’Italia, il vizio della poltroneria che l’attanaglia e ne avvelena alle radici il sistema. 


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Francesco Delzio conversa con Lorenzo Salvia

[no_dropcaps type=”normal” color=”” font_size=”” line_height=”” width=”” font_weight=”” font_style=”” text_align=”” border_color=”” background_color=”” margin=””]«I[/no_dropcaps]n Italia qualcosa s’è inceppato, un virus ha contagiato il paese», esordisce così Francesco Delzio, intervenuto ieri, mercoledì 17 giugno, al Chiostro delle Benedettine per presentare il suo ultimo saggio, Opzione Zero, il virus che tiene in ostaggio l’Italia. Opzione Zero è il nome che l’autore ha scelto per definire questo strano morbo, che, con un accostamento particolarmente vivido ed efficace, assimila a quella che chiama la mentalità del «fantino del palio di Siena», più interessato a far perdere l’avversario che a vincere lui stesso.

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[no_blockquote text=”abbiamo fatto molte riforme del lavoro, ma queste riforme hanno tutte giocato sui diritti. Giocare esclusivamente sui diritti non è solo pericoloso e ingiusto, ma anche inefficace, velleitario” text_color=”red” title_tag=”h5″ width=”” line_height=”” background_color=”” border_color=”” show_quote_icon=”yes” quote_icon_color=”” quote_icon_size=””]

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[no_dropcaps type=”normal” color=”” font_size=”” line_height=”” width=”” font_weight=”” font_style=”” text_align=”” border_color=”” background_color=”” margin=””]L[/no_dropcaps]’Opzione Zero è la rinuncia al rischio, la scelta di mantenere lo status quo, senza provare a costruire qualcosa di nuovo. Ma aggiunge Delzio che sarebbe un errore «prendersela coi singoli». Perché «bisogna fare una riflessione sui nodi di sistema». Il vero dramma di questo periodo è quello del lavoro: «non abbiamo modificato la competitività, non abbiamo spinto ad assumere. La vera potenza italiana era stata costruita sulla competitività del lavoro. L’innovazione di prodotto è il lavoro. Abbiamo ribaltato questo assioma vincente, abbiamo caricato il lavoro di una quantità di tasse e contributi senza eguali».

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[no_blockquote text=” Solo il 3% dei disoccupati in cerca di lavoro trova lavoro tramite i centri per l’impiego. Dare soldi agli intermediari anziché ai giovani è perverso. Questo è un esempio classico del modo in cui l’Europa affronta i problemi più urgenti: 7 miliardi di euro di fondi europei sono stati buttati” text_color=”red” title_tag=”h5″ width=”” line_height=”” background_color=”” border_color=”” show_quote_icon=”yes” quote_icon_color=”” quote_icon_size=””]

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[no_dropcaps type=”normal” color=”” font_size=”” line_height=”” width=”” font_weight=”” font_style=”” text_align=”” border_color=”” background_color=”” margin=””]T[/no_dropcaps]ra le varie opzioni Zero, l’autore ne individua almeno tre. La prima è il ‘dirittismo’: «abbiamo fatto molte riforme del lavoro, ma queste riforme hanno tutte giocato sui diritti. Giocare esclusivamente sui diritti non è solo pericoloso e ingiusto, ma anche inefficace, velleitario». Un’altra è il ‘dirigismo’, di cui chiaro esempio è la trovata, partorita dalle menti, non sempre fervide, dei burocrati di Bruxelles, di Garanzia Giovani: «dire che dare risorse pubbliche agli intermediari non è una buona idea è un eufemismo. Solo il 3% dei disoccupati in cerca di lavoro trova lavoro tramite i centri per l’impiego. Dare soldi agli intermediari anziché ai giovani è perverso. Questo è un esempio classico del modo in cui l’Europa affronta i problemi più urgenti: 7 miliardi di euro di fondi europei sono stati buttati». La terza opzione Zero è quella incarnata dall’interdittismo, il veleno che ha intaccato le soprintendenze. «In Italia non solo manca il mecenatismo, ma si amano più i musei che le persone che ci devono entrare, fa fatica ad affermarsi l’idea che i beni artistici possano essere fruiti dalle persone, non solo relegati in spazi chiusi e intangibili».

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