Artur Nuraj Passaggi Festival

Ospite della giornata di giovedì 22 giugno per la rassegna Europa/mediterraneo è stato Artur Nuraj con “La valle dei bambini perduti” edito da Marsilio Editori. L’incontro si è tenuto presso la Mediateca Montanari e l’autore ha conversato con Anna Lattanzi (Capo Redattrice di Albania Letteraria).

 

I delitti di Tirana

Artur Noraj è oggi considerato il pioniere del noir albanese. Si tratta del primo libro pubblicato con il suo vero nome e non con uno pseudonimo. La storia si ambienta nell’Albania del 1985, pochi mesi dopo la morte del dittatore comunista Enver Hoxha. Viene ritrovato il corpo senza vita di un’adolescente, morta impiccata alla ringhiera del salotto dell’appartamento dove viveva. Tutto fa pensare ad un suicidio, ma le indagini quasi subito captano qualcosa di strano. I sospetti vengono confermati nel momento in cui il medico legale dopo le analisi riscontra sul collo della ragazza dei segni che parlano più di soffocamento che ne di impiccagione suicida. La ragazzina apparentemente morta suicida viveva nel famoso blocco (il quartiere dove risiedevano tutti i favoriti del regime), il quale seppure garantisse un certo tenore di vita era in realtà una vera e propria prigione. Il blocco era continuamente circondato da militari e non si potevano portare amici in casa senza lascia passare, il cui ottenimento rappresentava un dedalo burocratico molto complesso. Nel frattempo arriva la denuncia di una coppia di rom che racconta della sparizione di uno dei loro nipoti. Il detective assegnato ai casi scopre che da circa dieci anni ormai sparivano bambini rom e che tutte le denunce erano state archiviate, per completa mancanza di prove o di qualsivoglia traccia. Due casi dunque molto importanti da risolvere entrambi verificatisi a Tirana. In un secondo momento si capirà poi che questi macabri avvenimenti sono collegati. Non solo Il detective deve cercare di risolvere entrambi i misteri, ma deve anche fare i conti con il suo passato e soprattutto con la polizia segreta del regime.

 

 

Giallo storico

Si tratta di un noir molto duro, crudo ed importante dove viene raccontata una società all’interno di una realtà che ha avuto conseguenze enormi sull’intero mondo albanese. Per questo motivo è stato definito un “giallo storico”. Moltissimi sono i rimandi alla storia del paese, si riscontra all’interno della narrazione una grande attenzione ai particolari storici e numerose sono le descrizioni paesaggistiche dell’Albania. Il romanzo affronta una storia complessa che risulta però scorrevole e di facile lettura. Artur Nuraj ha raccontato come l’idea della stesura di questo romanzo sia nata nel 2016. L’intenzione era quella di scrivere un noir raccontando il crimine durante l’epoca del comunismo.

Devo raccontare quello che so, quello che ho vissuto. Ho messo nero su bianco tutto ciò che ho vissuto, non racconto nulla di nuovo riguardo ciò che è accaduto all’epoca. Il libro è completamente frutto della fantasia, ma i personaggi e le ambientazioni sono vere. Si tratta di personaggi che ho conosciuto e che hanno lasciato in me un’impronta indelebile. Il mio libro è stato definito crudo e duro, perché così era la vita in Albania al tempo: dura e cruda.

 

Il paese del silenzio

Vivere sotto la dittatura comunista albanese, riconosciuta oggi come una delle dittature più feroci dei Balcani, significava vivere in un clima in cui il crimine era percepito, ma non pubblicamente riconosciuto. Si parlava addirittura di “paradiso dei proletari“. Le carceri però erano piene, le prigioni scoppiavano. Non si ammetteva nulla perché si aveva paura. L’autore racconta che a mano a mano che si cominciava a crescere ci si faceva sempre più domande. Nessuno però aveva il coraggio di rispondere. I genitori avevano paura di confidarsi con i figli, loro stessi non potevano avere un’opinione. Non si aveva il coraggio di trarre delle conclusioni, non si poteva averne. Ognuno ha vissuto questi anni dittatoriali a modo proprio, ma è innegabile che la crudezza sia ancora radicata in ogni albanese, la dittatura ha lasciato strascichi.

“Non sappiamo quanto si prolungheranno le conseguenze di questi anni, ma ne portiamo gli effetti ancora dentro di noi. Noi autori oggi vediamo ancora questa distanza tra figli e padri in Albania e questo ci preoccupa. I padri hanno paura di raccontare ai figli cosa hanno passato. I figli devono sapere, devono capire le loro radici e le sofferenze che hanno passato i loro genitori. Il mio libro vuole essere un testamento, per tutti, per i miei figli anche”

 

 

Artur Nuraj ci ha raccontato con parole toccanti come quell’Albania viva ancora dentro di lui e come questa non se ne andrà mai.

Vivo in quella Albania e ci vivrò fino alla fine. L’Albania della mia gioventù mi ha forgiato, mi ha permesso di affrontare l’Italia, la mia città sarà sempre la mia città. Non posso e non voglio dimenticare chi sono e da dove vengo. Sono cambiato negli anni, ho abbracciato la mentalità italiana e ho cercato di abbracciarne le tradizioni, ma noi nati albanesi saremo sempre albanesi. Noi siamo quell’Albania, non posso e non voglio essere una cosa che non sono
Il grande senso di albanità vive in tutti i nati albanesi, anche in coloro che avrebbero tutte le ragioni per voler dimenticare. Fortissimo è il senso di attaccamento, il quale ha a che fare con la loro indole. Si tratta di uno dei pochi paesi dove tutte le diverse comunità vanno d’accordo. La vera fede dell’albanese è l’albanità

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