Ivano Dionigi Passaggi Festival 2022

L’ultimo ospite di Piazza XX Settembre è stato Ivano Dionigi, professore emerito di lingua e letteratura latina dell’Università di Bologna e Magnifico Rettore dall’anno 2009 al 2015, oltre che presidente della Pontificia Accademia di Latinità. Il professore, con la sua lectio magistralis dedicata al tema della decima edizione di Passaggi Festival “Con dubbia ragione”, ha concluso questa settimana ricca di eventi e il suo discorso notturno verrà pubblicato dalla casa editrice Affinità Elettive Edizioni, nella nuova collana Passaggi, come già il “Discorso notturno sull’infinito e il provvisorio” di Nando dalla Chiesa, che concluse la scorsa edizione.

Dubbio e ragione possono coabitare?

I greci e i latini erano maestri a tenere insieme la ragione e il dubbio, due concetti apparentemente contraddittori. La ragione rimanda ad una sfera conoscitiva definita, certa e non ambigua. Il dubbio evoca, invece, ambiguità, incertezza e curiosità. È possibile che la ragione e il dubbio possano coabitare?
Oggi non tolleriamo il dubbio della ragione: confondiamo l’informazione con la conoscenza, il capire con il credere, la ragione con la fede. Oscilliamo tra il conformismo e il manicheismo, che impone a tutti di schierarsi, come abbiamo visto prima con la pandemia e poi con la guerra.
Viviamo in un mondo complesso e pieno di squilibri: quello sociale, quello ambientale del pianeta, quello sanitario della pandemia, quello politico della guerra, quello comunicativo della lingua. Alla parola non corrisponde più la cosa.

Il pensiero plurale

La lectio di Ivano Dionigi ha proposto cinque differenti riflessioni, cinque lezioni dal mondo classico per il mondo attuale. Il primo tema indagato è la contrapposizione tra pensiero unico e pensiero plurale. La classicità è nel segno del pensiero duale e plurale. Uno e unico, se c’è, è solo Dio. L’unico non appartiene a noi uomini. Tutto è contrapposizione nella classicità. L’inclusività di Roma, dai tempi mitici di Romolo fino a Caracalla, si contrappone alla l’autoctonia di Atene, che, invece, esclude i barbari e seleziona il gruppo dei cittadini per rafforzarne la coesione. La dualità non è sterile e negativa, sta alla stessa base dell’armonia, che nasce dalla giusta contrapposizione degli opposti. Il conflitto è padre di tutte le cose, affermava Eraclito. La cultura classica non è la cultura del libro, ma dei libri, vive del disaccordo, non dell’accordo.

La ragione

La seconda riflessione verte sulla ragione, nel mondo classico strettamente legata alla natura, che a sua volta evoca misura, equilibrio e limite. I comandamenti dell’antichità sono osservare la misura, seguire la natura e non superare il limite. La parola latina finis ha tre significati: limite (nel senso di confine), morte e scopo (che nell’antica Grecia e Roma era già definito dal fato e dalla natura).
La prima violazione del finem, inteso come confine, si ha con la tragedia. Medea e Fedra rompono i confini, i limiti. Poi Giasone con la spedizione degli argonauti abbandona e viola il noto per l’ignoto, sfidando e infrangendo il finis e la misura, come hanno fatto Icaro con il suo volo ed Ulisse con il suo viaggio oltre le colonne d’Ercole. La seconda esperienza di rottura è quella della rivoluzione sofistica, che non obbedisce più all’idea classica di ragione, ma ad una nuova concezione, dettata da un atteggiamento critico e relativistico. I sofisti si fidano di ciò che funziona, non di ciò che è vero.

La solitudine

Ivano Dionigi ha poi affrontato il tema della solitudine. L’uomo classico era un uomo solo, senza speranza. L’assenza di orizzonte e di oltre nella cultura classica deriva dal concetto di ciclicità e ritorno. I classici, incapaci di utopia, hanno incatenato la loro vita al mito dell’origine. Dall’assenza di futuro e utopia segue l’assenza di speranza. La spes è un dolce inganno, il maggiore dei mali. La speranza viene considerata contro natura, perché legata ad una aspettativa, quindi non dipendente da noi. Solo il presente esiste per l’uomo classico. Da qui deriva il comandamento oraziano “carpe diem”.
La visione ciclica della storia sarà superata da quella lineare portata dal cristianesimo. Per Agostino l’eterno ritorno è un’assurdità: Cristo è nato e morto solo una volta, ci sono un prima e un dopo. Il cristianesimo spezza il cerchio dell’eterno ritorno e così la speranza diventa un disegno positivo. La speranza sarà poi ripresa e laicizzata dalle ideologie dell’illuminismo e del marxismo, che vivranno di proiezioni nel futuro e nel progresso.

La tecnica

La quarta riflessione è dedicata alla tecnica. Oggi siamo nell’era della tecnica, che ci offre un uomo competitivo con la macchina, complementare con la macchina e, ultimamente, minacciato dalla macchina. Noi, uomini di oggi, siamo la crescita esponenziale di Prometeo, colui che ha donato la tecnica all’essere umano. Ora Prometeo trionfa in ogni spazio, nella vita pubblica e privata. L’uomo di fronte alla tecnica si scopre piccolo e sconta la “vergogna prometeica”, come affermava Gunther Anders. Se giustizia e rispetto avranno uno spazio, ben vengano la robotica e l’intelligenza artificiale. Ma la cura della tecnica, la filotecnia, deve andare di pari passo con la cura dell’uomo, la filantropia.

Il presente

L’ultima riflessione è stata dedicata al presente, per il quale Ivano Dionigi ha individuato nove parole da riscoprire: contestazione, fratello, pentecoste, parola, intelligere, interrogare, invenire, più lentamente, più in profondità, più dolcemente. Mai come oggi urge la contestazione, intesa come essere insieme testimoni di ciò che succede, in questo tempo dovremmo interpretare e aumentare questa chiamata collettiva. Intelligere significa, invece, cogliere la profondità delle cose. Invenire è riscoprire ciò che abbiamo dissotterrato: i classici, i padri. Questo verbo significa allo stesso tempo inventare. È necessario un incontro tra i padri e i figli.

“Il nostro è un destino collettivo. In certi momenti il senso non conta, contano i legami”.

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