Nando dalla Chiesa Passaggi Festival 2022

Mercoledì 23 giugno il palco di Piazza XX Settembre ha ospitato Nando dalla Chiesa che ha presentato a Passaggi Festival “Ostinati e contrari. La sfida alla mafia nelle parole di due grandi protagonisti: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino” (Solferino). L’autore ha conversato con Lidia Calamia, docente di lettere presso le scuole superiori di Torino e bookstagrammer con la pagina @ossi_di_ secchia.
L’ultimo libro del sociologo è un’antologia che raccoglie discorsi tenuti da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino in luoghi, contesti e per platee diverse, con lo scopo di far conoscere il pensiero dei due magistrati a trent’anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio.

Memoria e commemorazione

L’idea di memoria che ha guidato la stesura di “Ostinati e contrari” è molto lontana da quella di commemorazione. La memoria è trasmissione di contenuti e sentimenti, non può non evocare sensi di colpa in chi ascolta il racconto. La commemorazione, invece, tranquillizza, consiste nello scegliere episodi della storia di personaggi e semplificarli, eliminando la fatica e ogni senso di colpa.
In questi trent’anni Nando dalla Chiesa ha assistito a numerose commemorazioni di Falcone e Borsellino, solo poche volte ha sentito farne memoria. Ad esempio, viene spesso affermato che Falcone nelle indagini seguiva il denaro. È offensivo il fatto che venga ricordato solo per questo metodo investigativo, che le persone non conoscano altre frasi del magistrato. Così dalla Chiesa ha deciso di raccontare questi personaggi direttamente attraverso le loro parole, quelle pronunciate nei discorsi più marginali. Da questi emerge cosa pensavano veramente.

Eroi o persone comuni?

Nel ricordo di Falcone e Borsellino due retoriche si fronteggiano: quella che li definisce eroi e quella che li dipinge come persone normali. Per contrastare la prima, quindi, si è fatto ricorso ad una seconda retorica, affermando che erano solo uomini comuni che hanno fatto il proprio dovere. Questo è terribilmente ingiusto: il fatto che fossero persone normali non esclude il loro eroismo. Inoltre, non è affatto vero che abbiano solo svolto il loro lavoro: nessuno ha imposto a Falcone di creare il pooll antimafia, la procura nazionale antimafia da lui immaginata non faceva parte del suo dovere, nessuno gli ha chiesto di espandere le indagini oltre dai confini italiani, nessuno l’ha obbligato a non fare figli per non lasciarli orfani. Chi afferma che i due magistrati non sono stati eroi mente, non conosce le loro storie.
Giovanni Falcone ha vissuto una condizione da cui chiunque altro sarebbe scappato, conosceva il suo destino, veniva chiamato “il morto che cammina”. Non ha fatto solo il suo dovere, ha fatto anche il dovere degli altri: per questo lo Stato ha contrastato la mafia.

Una definizione di mafia

In un discorso che Nando dalla Chiesa ha inserito in “Ostinati e contrari”, Giovanni Falcone ragiona sulla definizione di mafia. Il magistrato afferma che definire questo fenomeno non è solo una necessità nominalistica: con una corretta definizione si può riconoscere la mafia, individuarne le strutture e mettere in atto le giuste strategie per contrastarla.
Spesso sentiamo dire che la criminalità organizzata è molto diversa da quella di una volta. La mafia è ed è sempre stata una forma di potere che si esprime nella contesa con lo Stato del controllo della giurisdizione sul territorio. Per questo, nonostante gli ingenti profitti derivanti dal narcotraffico, nessun clan mafioso rinuncia a chiedere il pizzo agli imprenditori, per ribadire il proprio controllo. Solo coloro che studiano la mafia dall’esterno non la definiscono un potere.
Oggi molti affermano che la mafia è finanza, erroneamente attribuendo tale idea allo stesso Falcone. I mafiosi vogliono imprese, terreni, cose materiali che evidenzino il loro potere. La mafia non è finanza: ricicla denaro, insegue il profitto, ma non si occupa di finanza. Al pubblico piace sentirsi dire che la criminalità organizzata è finanza, perché se è così, significa che è invisibile, che non la possiamo conoscere e quindi non possiamo avere responsabilità nel combatterla. Invece la mafia è tra noi, in ciò che conosciamo.

Partire dalla formazione

Paolo Borsellino, in un testo presente in “Ostinati e contrari”, confronta lo stato della mafia, forte e stabile, con lo Stato italiano, altalenante e instabile. Secondo Nando dalla Chiesa lo Stato, per acquistare solidità nel contrasto alla criminalità organizzata, deve elaborare una strategia che coinvolga una serie coordinata di luoghi e ambiti di intervento: l’amministrazione pubblica (su cui insisteva lo stesso Borsellino), gli enti locali, i sistemi elettorali, la scuola, l’università, la formazione delle forze dell’ordine.
Nelle facoltà di giurisprudenza i corsi sulla criminalità organizzata si fanno solo dove vengono scoraggiati e sono assai rari. Gli studenti di legge, nel loro studio quinquennale, non sentono mai nominare la parola mafia. Per i magistrati la formazione sulla criminalità organizzata è facoltativa, non obbligatoria. Non si può contrastare la mafia senza formazione, da qui bisognerebbe partire.
Nando dalla Chiesa, all’Università Statale di Milano, dove insegna, ogni anno trova giovani motivati. In Italia c’è una riserva culturale e civile, su cui è necessario scommettere.

Il legame tra lo Stato e la mafia

Lidia Calamia ha chiesto a Nando dalla Chiesa come fosse possibile, dopo tutto il dolore vissuto dall’intera nazione, che recentemente a Palermo siano ritornati dietro alcuni candidati spettri che non avremmo mai voluto rivedere. La mafia scommette sul passaggio della memoria. Secondo dalla Chiesa, però, il disegno di riportare queste figure al potere fallirà, non saranno più in grado di comandare. Il Paese è cambiato. Ha i propri ritardi e incertezze, è un Paese in cui spesso non ci si riconosce, ma è cambiato. È ingiusto affermare che possa ritornare quello che era negli anni ’80, chi sostiene che sia possibile non conosce cosa c’era prima. Andreotti, parlando dell’assassinio di Giorgio Ambrosoli ad opera di Sindona, affermò che l’avvocato “se l’era andata a cercare”. Questa è la risposta di un uomo del passato, che parla di un potere impunito, ora finito. Quando fu arrestato Bagarella, cognato e braccio destro di Totò Riina, sulla sua agenda furono trovati i nomi di sette membri del governo italiano. Oggi questo tipo di rapporto tra Stato e mafia non c’è più e non tornerà.

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