A Passaggi Festival, domenica 25 giugno, l’attivista e scrittrice italiana Alessandra Bocchetti ha presentato il suo libro “Basta lacrime. Storia politica di una femminista 1995-2000” (Vanda Edizioni). L’incontro si è svolto a Fano presso l’ex Chiesa di San Francesco dove l’autrice ha conversato con le giornaliste Flavia Fratello e Tiziana Ragni.

 

 

 

Il femminismo della differenza

 

Basta lacrime. Storia politica di una femminista 1995-2000” è un libro che fa pensare, che fa porre domande e che è in grado di smontare tanti luoghi comuni che riecheggiano attorno all’universo femminile.
Quello trattato dall’autrice è definito un femminismo della differenza, perché senza questo concetto non può esistere il soggetto come donna. La differenza che fa leggere il mondo non secondo modelli che una società maschile ha storicamente imposto al genere femminile ma sulle esperienze individuali che ogni donna compie come suo percorso di vita. Ne è un esempio l’esperienza della maternità che da sempre l’opinione comune considera come un momento di grande serenità mentre le stesse donne ne testimoniano le paure, le ansie ed i dolori.

 

La ricerca della felicità

 

Il femminismo ha lasciato in testa un’idea: ogni donna ha diritto di cercare la sua felicità! Non è più costretta, ad esempio, a restare legata in matrimonio ad un uomo violento che, fino al 1956, per legge, aveva il diritto di picchiarla per correggerne i comportamenti. Ad esempio le donne non dovevano ridere, non potevano essere “donne allegre”.  Prevaleva invece l’icona della donna che piange, che patisce. L’autrice, dopo aver sottolineato l’esistenza di civiltà patriarcali e matriarcali, con una metafora nella quale la donna è al fianco dell’uomo a sottolinearne la subordinazione, invita alla ricerca di una società armonica nella quale ci si pone uno di fronte all’altro in dialogo. Inoltre l’autrice afferma che finora l’unico modo con cui le donne sono riuscite ad affermarsi è stato attraverso la paura della rivoluzione, il declino di essa è giunto dopo l’avvicinamento del genere femminile alle istituzioni patriarcali. La voce delle donne, unendosi al coro degli uomini, è finita per affievolirsi fino a dissolversi. Rimane tuttavia la nostalgia per quella voce che trae la sua unicità dall’esperienza che le donne hanno fatto venendo messe di fronte alla fortuna e sfortuna della vita.

 

Vano potenziale al potere

 

Le donne hanno sempre avuto un rapporto difficile con la leadership nel mondo occidentale. Nonostante posseggano la determinazione necessaria non hanno mai avuto il potere. Difatti quando si avvicinano a un ruolo di governo si ritraggono immediatamente. Ne è un’eccezione Giorgia Meloni, una donna che nonostante le avversità, con un’enorme forza, si è fatta strada “a spallate contro i mostri” nella politica italiana raggiungendo la carica di Presidente del Consiglio. Poche donne, infatti, nella storia hanno fatto carriera negli ambiti musicale, politico, artistico. Ciò avvenne per quel pregiudizio di subordinazione che passò per mezzo di figure come Napoleone, con il suo Codice Napoleonico che privava le donne di numerose libertà o come Rousseau, il quale, con la sua teoria del contratto sociale, non includeva le donne. Oppure, infine, come Kant, il quale limitava il concetto di coscienza morale ai soli uomini.

 

Il vittimismo e l’utero in affitto

 

Secondo l’autrice la rivoluzione del genere femminile deve avvenire con l’utilizzo di immagini forti, che non lo raffiguri come vittima. Il vittimismo infatti è un’arma di cui le donne si servono “in tutto e per tutto” per raggiungere i loro scopi ma questo influenza negativamente la loro figura. La donna come vittima è infatti rassicurante per la società per la pena che suscita.
Un dibattito nel quale si lancia l’autrice riguarda proprio la condizione di “vittime” delle donne circa la problematica sull’utero in affitto, attività che è fonte di guadagno per le donne più povere ma che può essere vista come un vero e proprio sfruttamento del corpo femminile.

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