Vittorio Sgarbi, Passaggi Festival 2022

Nella la sua prima grande serata, Passaggi Festival ha avuto il piacere di ospitare sul palco della rassegna di saggistica Libri in Piazza Vittorio Sgarbi. Presentando “Raffaello. Un dio mortale” (La nave di Teseo), il celebre critico d’arte e politico ha ripercorso la storia di una delle figure più importanti del Rinascimento italiano, addentrandosi nell’analisi dei rapporti avuti con altri illustri personaggi dell’epoca e delle loro opere, le quali hanno avuto un ruolo decisivo nella formazione dell’artista che ancora oggi riesce ad emozionarci.

L’artista senza pausa

Ciò che più caratterizza il personaggio di Raffaello è sicuramente quella che Sgarbi ha definito “contrazione temporale”: dall’età di 8 anni a quella di 37 l’artista ha ininterrottamente dipinto, arrivando a produrre quasi 150 dipinti, ognuno con elementi di novità. La sua grandezza sta nella capacità di creare forme che fino a quel momento non esistevano, soprattutto nell’ambito della ritrattistica. I suoi soggetti sembrano quasi prendere vita, mentre, per quanto riguarda la rappresentazione di paesaggi, fu uno dei primi ad imporsi nella scena della pittura italiana.

L’amore di un padre

La figura più importante nella vita dell’urbinate è stata senza dubbio quella del padre, Giovanni Santi. La grande passione che quest’ultimo provava nei confronti del suo unico figlio lo ha spinto a volere sempre il meglio per lui, anche quando ciò corrispose a lasciarlo andare. Infatti, quando il mediocre pittore si rese conto con umiltà dei suoi limiti, non esitò a cercare qualcuno che potesse far sbocciare la carriera del piccolo Raffaello: Pietro Perugino. Padre e figlio avevano un meraviglioso rapporto, fatto di ubbidienza e fiducia. Il figlio si mostrò sempre del tutto accondiscendente verso le volontà del padre, che lo educò con ottimi costumi e lo fece esercitare nel suo studio dall’età di 6 anni. Gli insegnò tutto ciò che poté riguardo il mestiere, ma quando ciò non fu più sufficiente, chiese aiuto al Perugino, che accettò di prendere sotto la sua ala Raffaello, rendendosi conto di aver scovato un vero e proprio tesoro.

Un mito singolare e perfetto: la visione di Vasari

Il primo a parlare di Raffaello fu Giorgio Vasari, il quale ammirò tanto la sua abilità artistica quanto il suo carattere. Sgarbi ha espresso così quello che era il suo pensiero: “Gli artisti sono più maledetti che santi”. Un’idea abbastanza moderna per il periodo, considerando che ancora non si conosceva la violenza mista a intelligenza di Caravaggio. Ma Raffaello era diverso: la sua grazia copriva ogni vizio. Il titolo del libro riprende proprio la formula del Vasari, la quale sottolinea che le virtù di Raffaello lo hanno reso talmente importante da venire ricordato e apprezzato dopo tutti questi secoli.

Come e perché Raffaello è diventato Raffaello: Fano e Piero della Francesca

Nonostante Urbino sia la sua città d’origine e la sua formazione sia avvenuta prevalentemente a Città di Castello, Perugia e Roma, anche Fano ha ricoperto un ruolo fondamentale nella vita di Raffaello. Infatti, per comprendere appieno la sua storia, è necessario prendere in esame la formazione marchigiana dell’artista, grazie alla quale egli è riuscito a nascere pittoricamente. Dopo essersi separato dai genitori all’età di 11 anni, iniziò ad imitare il modo di dipingere di Perugino, facendo proprio il suo linguaggio. La prima opera in cui si nota ciò è proprio qui, a Fano, nella chiesa Santa Maria Nuova. Si tratta di una pala in cui si nota in modo evidente la mano del pittore, la sua dolcezza, la sua nuova concezione di pittura. Un’altra figura essenziale per lui è stata sicuramente quella di Piero della Francesca, che ha scoperto quando aveva solo 10 anni. Il più grande artista del ‘400 arrivò ad Urbino con la “Sacra Conversazione” ancora prima della nascita di Raffaello, ma quando il bambino ha scoperto quest’opera, moderna per l’epoca, è andato ad ammirarla ogni giorno, rimanendone profondamente colpito.

Caravaggio e Leonardo

Altri parallelismi emersi sono quelli con la figura di Caravaggio. Mettendo da parte l’analogia riguardante l’età, i due sono completamente diversi dal punto di vista spirituale. Ribelle e stravagante, Caravaggio sembra aderire perfettamente alla visione del Vasari. Sgarbi lo definisce infatti “maledetto”, in un continuo contrasto tra luce e ombra, cosa che lo contrappone alla personalità più mite, ma ugualmente rivoluzionaria, del pittore di Urbino. Una svolta decisiva nella sua vita è stato invece il periodo trascorso a Firenze. Infatti, nella “Dama con Liocorno” risulta chiaro che lo schema è lo stesso della “Gioconda”, seppur con alcune differenze. Leonardo esprime una concezione di assoluto, rappresentando una donna non reale, mentre in Raffaello non troviamo la stessa universalità, in quanto il soggetto rappresentato è realmente esistito.

“L’ordine del mondo, la potenza dell’occidente, la grandezza del rinascimento: questo è Raffaello.

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