Duecentotrentuno anni fa, esattamente il 26 Agosto 1789, veniva emanata in Francia la “Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen” (La Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino). Costituito da 17 articoli, questo testo giuridico scritto nel corso dei tumultuosi anni della Rivoluzione francese, raccoglie al proprio interno gli ideali dell’Illuminismo e una moderna concezione di costituzione e democrazia.

“L’età dei lumi”

La “Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino” nasce in seguito al successo ottenuto della prima rivoluzione francese, che aveva sancito, almeno temporaneamente l’instaurazione di una
monarchia costituzionale a discapito di quella assoluta.

Il testo trae ispirazione dalla “Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America” scritta da Thomas Jefferson nel 1776. Entrambe condividono temi come l’uguaglianza tra gli uomini, l’accento posto sulla felicità individuale e i diritti inalienabili, idee che affondano le proprie radici nel pensiero illuminista del tempo.

Il Settecento aveva visto nascere la cosiddetta “Età dei lumi”, ossia quel periodo storico in cui, soprattutto in Francia, filosofi e scrittori come Voltaire e Montesquieu cercavano di rivoluzionare la società del tempo, attraverso una visione maggiormente incentrata sulla ragione umana, la conoscenza scientifica e la crescita culturale dell’individuo. Proprio questi ideali, insieme al grande desiderio di libertà e di emancipazione di tutti gli strati della società, porteranno alla rivoluzione francese e in generale ad una nuova concezione dell’individuo che confluirà appunto nella “Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino”.

Gli ideali di una società giusta

Il primo articolo della Dichiarazione è probabilmente quello più emblematico, nonché maggiormente conosciuto: “Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune.” In esso è racchiuso tutto lo spirito illuminista e gli ideali che avevano trionfato insieme alla Rivoluzione francese, eredità che ancora oggi noi portiamo avanti, essendo queste idee alla base di tutte le moderne costituzioni.

Forse non tutti sanno che il primo articolo della “Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino” probabilmente deriva da una frase utilizzata per la prima volta da un gesuita italiano, tal Giovanni Pietro Maffei, che elogiando il sistema di governo della Cina della metà del Cinquecento, parlava di un paese giusto, dove ciascuno era fabbro del proprio destino. Nella Cina imperiale infatti i governanti venivano spesso scelti per meritocrazia, attraverso esami statali, mentre anche un contadino poteva diventare imperatore, a patto di riuscire a conquistare il favore del popolo e del cosiddetto “mandato celeste”. In realtà anche in Cina gli episodi di corruzione non erano pochi, tuttavia il mito di questo regno retto da ordine e giustizia aveva ormai preso piede anche in Francia, dove lo stesso Voltaire se ne dichiarava forte ammiratore.

Proprio un gesuita francese, Luis le Comte riprendendo cento anni dopo la frase di Maffei, elogerà ancora una volta la società cinese, in cui “la nobiltà non è ereditaria e non esistono distinzioni tra i cittadini, se non quelle derivanti dalle cariche ricoperte.” Una frase molto simile a quella che si ritroverà appunto nell’articolo uno della Dichiarazione del 1789.

L’Eredità

Nel corso del tempo, la “Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino” verrà implementata, modifica e rivista, sia nel 1793 che nel 1795 usciranno due nuove versioni adattate al contesto e ai rapidi cambiamenti durante la Rivoluzione.

La Dichiarazione francese non ricevette soltanto elogi ed approvazioni ma anche qualche critica, soprattutto per aver escluso due principali categorie: le donne e gli schiavi. Celebre il testo polemico di Olympe de Gouges, una drammaturga francese che verrà ghigliottinata «per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso», pubblicato nel 1791 con il titolo “La Dichiarazione dei diritti della Donna e della Cittadina”. Un’altra categoria esclusa è quella dei bambini, la loro assenza e le conseguenze della Grande guerra porteranno la Società delle Nazioni a pubblicare nel 1923 “La Dichiarazione dei diritti del fanciullo”.

Nonostante le critiche e le mancanze, figlie anche del tempo in cui fu redatta, la Dichiarazione del 1789 costituisce senza dubbio la base della nostra società civile, fondata sulla democrazia,
l’uguaglianza e diritti che ci appartengono e che dobbiamo difendere a tutti i costi e far rispettare.

La sua eredità confluirà nella “Dichiarazione universale dei diritti umani”, emanata dalle Nazione Unite nel dopoguerra, il 10 Dicembre 1948. Nell’articolo uno di quest’ultima ritroviamo la celebre frase che spesso oggigiorno, anche nel “moderno” e “civile” occidente tendiamo a dimenticare: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di
coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

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