La seconda giornata dell’undicesima edizione di Passaggi Festival si conclude in Piazza XX Settembre con la rassegna Libri in piazza – Rassegna di Saggistica. Ospite della serata è Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore, il quale, intervistato da Armando Massarenti, giornalista e filosofo, e Marco Silenzi, vicedirettore di Rai News 24, presenta il suo nuovo libro “Beato lui. Panegirico dell’arcitaliano Silvio Berlusconi”, edito da Longanesi.

 

 

“Beato Lui”: non l’invidia ma il riconoscimento dell’esistenza di un personaggio

Come si può affrontare Silvio Berlusconi, personaggio che nel bene e nel male ha cambiato l’Italia, che è considerato controverso, che ha contribuito al miglioramento e allo sviluppo del Paese? “Beato lui” è l’espressione, che chiunque gli attribuirebbe, persino i nemici più acerrimi, spinti da una forte invidia. Ma alla beatitudine non si accompagna un’invidia cattiva nei suoi confronti, bensì un’invidia intesa come riconoscimento verso la sua esistenza, colma di mondi e di possibilità. Ci vuole ingegno per poter trasformare una persona in un personaggio, “beato” perché ha sempre dimostrato di affrontare e superare le situazioni funeste e insidiose, ottenendo un’allegria indescrivibile. Questo è un libro interamente di letteratura e va letto come tale: parla di un personaggio reale che diventa un personaggio di commedia, a partire dai piccoli fatti.

La trasfigurazione letteraria e la commedia, i mezzi migliori per valorizzare un personaggio dedito non solo alla politica

 

Beato lui“: il titolo, azzeccato, stempra l’invidia popolare nei confronti di Berlusconi. E a proposito di invidia, si collega alla perfezione una citazione tratta da “Il teatro dell’invidia” di Renè Girard :

“Tutto il mondo è un palcoscenico, donne e uomini sono gli attori che entrano ed escono dalla scena, ognuno interpreta molti ruoli e gli atti sono le sette età della vita”.

Avviene una sorta di trasfigurazione letteraria di Berlusconi attraverso Shakespeare e il melodramma. Ma l’idea di trasformare un personaggio reale in un personaggio letterario, una maschera della commedia italiana, può renderlo più eterno o meno eterno? Non sarebbe meglio essere martire? Ormai la realtà ha superato la fantasia. Tuttavia, il martirio ha senso se una persona si dedica solo ed esclusivamente alla politica, nella quale tutti sono destinati ad un capitolo della memoria e hanno davanti a sé un unico destino. Ma Berlusconi non si dedica solo alla politica, prese posizioni anche riguardo le operazioni di politica estera, con conseguenti sconfinamenti che non gli hanno portato serenità, e in questo senso non si parla di antipolitica ma di estraneità politica. Lui non era dentro la politica, pur avendo rappresentato, creato e fondato un proprio partito politico, avendo anche partecipato alla formazione e determinazione di diversi governi. La politica è tragicità, lui rappresenta un altro canone letterario, dolente e pesante: la commedia, il genere letterario che crea la società. Con il passare degli anni verrà ricordato come la grande e continua commedia dell’Italia, con il sentimento di chi raduna personaggi, azioni e sensazioni attorno a sé.

Vittoria di Silvio Berlusconi senza sostegno dei giornalisti, fondamentale per dare una svolta all’Italia

 

In un momento cruciale arriva la svolta. Quando sembra che il Partito Comunista Italiano e gli altri partiti di sinistra abbiano la vittoria in pugno, la situazione cambia radicalmente. Nelle elezioni politiche nessuno lo prende sul serio quando scende in campo, ma, pur essendo considerato un personaggio teatrale, Berlusconi mette in seria difficoltà gli altri politici che svolgono la professione di mestiere. Nemmeno nel duello contro Achille Ochetto i giornalisti credevano alla vittoria di Berlusconi, ma nessuno considerava il pubblico. Dal duello in televisione alla vittoria nelle elezioni, Berlusconi immette nella politica l’individualismo, un qualcosa che è in contrasto con la politica, luogo della comunità: tuttavia senza questo, l’Italia continuava a rimanere sulla solita strada. In questo modo qualcosa è cambiato per il Paese.

La monarchia come forma di governo migliore e l’importanza di inseguire una dimensione di elevatezza

 

Considerando che, similmente all’Inghilterra, sui giornali si parla spesso della Famiglia Reale, anche in Italia si è sempre pensato che esistessero alcune “famiglie reali”: prima quella di Agnelli, e poi quella di Berlusconi. Alla domanda “Ma in fondo siamo un po’ monarchici?“, Buttafuoco risponde:

La monarchia è la migliore forma di governo, è poesia. Nella repubblica, impoetica, laica, non ci sono suggestioni: ciò che accompagna il tutto è un certo pathos della distanza. In un dialogo tra due laici, Sciascia e Porzio, Sciascia ritiene che “se si toglie alla ieraticità del rito la distanza, tutto si spegne”. Di conseguenza l’invito a non abbassare il livello per il pubblico, ma a seguire ciò che è bello e importante, una dimensione di elevatezza, perché bisogna sempre perseguire qualcosa di inaccessibile per la comunità umana. L’Italia ha perso la sovranità, ha perso il senso stesso della storia e della memoria“.

Solo la monarchia può garantire i valori democratici

 

Tra gli italiani manca un aspetto fondamentale: la consapevolezza della cultura. Se il senso del bello e del grande è coltivato, allora l’Italia ne può giovare ma se si cancella la regalità si passa in una fase molto critica, quella di “uno vale uno”, degenerata poi in “uno vale niente”. Ci sono tanti sovrani in questa atmosfera pop, si affida agli influencer la necessità di regalità ma a un certo punto si sfocia nella frenesia di sistemare tutto il prima possibile, e qui non si ha più una massa di individui che fanno parte dell’Italia degli italiani, ma dell’Italia dei furbi e dei fessi. Anche per chi ha l’animo democratico, l’importanza della monarchia non è peregrina: stati come la Spagna e la Gran Bretagna, grazie alla monarchia, garantiscono la tenuta della democrazia. Ma in Italia tutto è fuori posto: si riversa la monarchia su chi non è monarca e non merita di esserlo.

La cultura è la base per costruire un percorso politico

 

Prima di tutto occorre ridare valore all’idea di cultura che dà valore simbolico e rende fieri gli italiani e la Nazione. Fondamentale è il patrimonio di cultura e arti per il senso del bello, allo scopo di fare commercio e economia; si fanno investimenti, il PIL si alza. Grazie alla cultura, alle librerie, al teatro, alle sale cinematografiche, e alla loro protezione, si creano lo spirito critico e la libertà degli italiani. Napoli, per esempio, è una città sempre più potente dal punto di vista economico e commerciale, dalla forte identità culturale e dalla grande memoria, dai tanti investimenti: un unicum. Questa consapevolezza culturale permette alla politica di costruire il proprio percorso virtuoso. E di questo ce n’è bisogno in un’atmosfera poco piacevole, la “cancel culture“: in questo clima, mentre la maggior parte tende a distruggere le opere dell’antichità (libri e vasi greci in primis), Berlusconi è, invece, tra coloro che sostengono il patrimonio.

L’inizio del bipolarismo con Silvio Berlusconi

 

Temendo più Mike Bongiorno che Umberto Eco, Silvio Berlusconi fa sì che anche gli altri si facciano avanti: è un segno di libertà, la quale è fondamentale e deve accompagnare sempre lo spirito critico. Si arriva a un punto dove si parla di bipolarismo: si sta dalla sua parte o ci si mette contro di lui. Adesso ci sono molti più partiti, molti più leader politici, non c’è più l’ideologia. Non c’è più lui, l’Arcitaliano che era in grado di correggere la natura della legge. Per concludere,

“Ognuno è fatto di una sola faccia che offre una scena, un racconto e la presenza di due occhi, che si odiano a vicenda; lui ebbe una e una sola espressione: perché nessuno mi ama?”

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