cuore-storia-baldini

di Monica Baldini

 

Partirei. E per dove, per quale meta?
Per un viaggio al caldo, a farmi abbracciare dal sole e scaldare dalle stelle. Non per forza in un posto che sia bello, di quelli cioè oggettivamente belli ma volerei in un posto che mi sia empatico. Sì, un posto che mi sia simpatico, che mi risulti avvincente, un posto che mi coinvolga, che mi entusiasmi, che mi riaccenda la sete
di vita e la voglia di cibo.
Un cibo. Sì. Che diventi per me un posto dove vedendolo io senta scorrere il sangue nelle vene, l’acqua in corpo, l’ossigeno nei polmoni, che illumini la mia mente, che faccia innamorare il mio cuore. Un posto caldo, fresco, con un vento dolce e lieve. Un posto di colore che ancora non so distinguere.

Beh il colore non è cosa indifferente. Potrebbe essere un colore tenue, un colore che si sfuma ma il colore predominante quale potrebbe essere? Non di certo uno. Non solo il verde per i prati, non solo l’azzurro per il cielo, non solo il bianco per le nuvole, per le margherite e i gabbiani, non solo l’argento per la luna e la pioggia che si riflette, non solo il giallo per le api e il becco dei merli, non solo il nero per il piumaggio dei merli, né solo il marrone per i cani o i gatti o i mattoni delle case, né solo il rosa pallido per gli umani o il rosso per i papaveri e le fragole. Ancora potrebbe esserci il colore plumbeo del cielo terso o l’increspato del mare agitato, il cristallino dell’aria e della brina sulle foglie che si risvegliano all’alba, gli arancioni dei tramonti sfumati ai rossori della sera che portano bel tempo per l’indomani, gli sguardi che si perdono sulla linea di confine fino un infinito che non
percepisco né mai lo percepiremo.
Beh no di certo qui sulla Terra. Perché di un posto sulla Terra sto parlando. Sto parlando di un viaggio terreno. Un viaggio come dire in un posto concreto, denominato, definito, limitato da spazio e tempo. Un posto che abbia il senso dei giorni, che abbia il sentimento del divenire e quindi l’avvenire. Un posto che abbia tanti colori e sfumature, che abbia una contingenza, che abbia una sua esistenza in cui si festeggi l’oggi e il domani. Un posto che abbia anche il rosso della coccinella, il grigio delle ali del tordo, il niveo dei fiori d’arancio e il verde dei pini.

Partirei per andare lì, nel paese che io chiamo “del cuore”.
E sai, il paese del cuore non è lontano, non ci vuole un lungo viaggio. Puoi andarci anche tu. Ci vuole forse meno impaccio di quel che si pensa, meno difficoltà di imbarco, biglietti, carte e documenti. Non devi recarti alla stazione, né all’aeroporto, né fare carburante.
Un viaggio a km zero? Sì, proprio così: un lungo breve viaggio. Ma allora come sarebbe a dire che il posto è terreno, concreto, che abbia una sua localizzazione? Vorrebbe dire che il posto del cuore è dove sei tu, dentro di te. Ha una forma, sostanza, appoggia sulla terra e ha confini? Certo, come dire di no. Ha una sua dimensione? Certo come dire di no. Ma i fiumi, i laghi, il cielo, il mare dove sarebbero allora? Dentro di te. Sì, proprio così. Sarebbero in quell’immensità che li racchiude che penso abbia una potenza maggiore dei più eccelsi pc e soprattutto una emotività con cui colleziona e sistema i file.

Alcuni colori sono più empatici di altri come alcuni visuali sono quelle che formano il tuo posto del cuore.
E’ tutto come ti sto dicendo. Sai quando il signor Belluca ha sentito il treno fischiare e ha capito che fuori la sua
routine, il mondo scorreva e andava mentre lui se ne era sempre rimasto fermo lì ad una scrivania?
Ora ti pongo invece una sfida opposta: tu devi stare lì ferma, devi restartene a casa e il mondo prima, diversamente da Belluca, l’hai visto e vissuto, l’hai girato fosse anche per una breve vacanza di pochi giorni nella regione confinante in montagna sulle nevi o sui lidi in estate, ma ora per una causa di forza maggiore al lavoro di impiegata devi startene per il tuo bene e di quello collettivo, ferma a casa.
Magari non per forza ad una scrivania ma in salotto, sul letto in camera o sul balcone, nel giardino o nell’orticello.
Potrai scoprire che il mondo ce l’hai in te e che soprattutto quel mondo interiore non l’avevi ancora conosciuto e la sua conoscenza ti farà il regalo più bello ed inaspettato. Non si può vedere solo guardando ma la vista degli occhi deve attingere anche al cuore e sentire il fascino che ne prova.

Sono d’accordo con Marcel Proust quando disse che “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi” e aggiungerei, un nuovo cuore. Un cuore pulito, aperto, limpido, puro.
Una cosa di grande importanza è avere un cuore puro che permetta di riconoscere con gli occhi il bene dal male, il necessario dal superfluo, il giusto dal cattivo. E viaggiando nel paese del cuore, potresti fare la scoperta più rivoluzionaria. Potresti scoprire quale colore ti piace di più, cosa il tuo cuore ha scelto per dirti chi
sei, quale temperatura, quale stagione, quale profumo, quale fiore, se alba o tramonto.

Potresti conoscerti, finalmente! Potresti riconoscerti tra le tante immagini confusionarie che il mondo ti propina salendo su aerei o masticando social dal mattino fino la sera. Immergendoti dentro di te potresti toccare il centro della tua esistenza. Ah, non illuderti che questo possa essere fatto in qualche giorno e una volta compiuto il tuffo, tu sia a posto per sempre. No, di certo. Non funziona così.
Ci vuole tanto esercizio e soprattutto una motivazione, uno scossone, una forza che ti spinge giù o almeno ti scosta dalla tua morbida e assuefatta routine. Qualcosa che ti scomoda dalla pigrizia di essere ciò che la reputazione ha dichiarato tu fossi. Cioè sai la fama, le targhette, la carriera, sono cose che contano
fin quando non sono appannaggio di una altra verità che tutta la vita viene considerata seconda ma è la prima.
Invece nel posto del cuore, tu ti spingi e con fatica passo dopo passo, ti senti bene, rinnovata.

Bene, ora in piena emergenza, bloccati come siamo, ho pensato ad una cosa o forse anche due ma una la vorrei dire in collegamento a quanto sto scrivendo.
La rivolta dei carcerati accaduta pochi giorni fa in contingenza con la pandemia da covid-19 mi ha fatto accendere un flash. I detenuti sono puniti e contro la loro volontà, per scontare le pene in nome del rispetto della giustizia su cui lo Stato si fonda, sono obbligati a vivere in celle, piccole, a stare chiusi, serrati.
E chi sceglie di starsene invece in clausura? Si parla sempre di archi di tempo lunghi, sempre di vite che si consumano chiuse ma in una c’è l’obbligo, l’altra è una scelta. Su questo siamo d’accordo. Lo sottolineo che si tratta di obbligo per errori e scelta per desiderio ma ciò che vorrei rilevare è che se si compie la scelta e dunque con spontaneità e questo viene consentito allora forse vivere isolati su monti, in eremi o su conventi, è possibile.
Sì, è possibile, innegabile che lo sia. E anzi può far una gran bene all’anima e al corpo. Innegabile anche questo. San Charbel lo conoscete? Quindi si può vivere fermi, in casa, su una altura, su una cella da eremita. Sì si può.
E questo potrebbe portare giovamento? Sì. Potrebbe.
Navigando a vista dentro di noi, scoprendo il nostro paese del cuore, sforzandoci di buttare giù le barriere, il viaggio potrebbe renderci innamorati ancora più della vita che abbiamo in dono da gestire.

E poi dopo il virus? Dopo avresti un cuore che ha lavorato, ha compreso qualcosa in più, che si è ascoltato, che forse ha letto tracce di cattiverie, di buoni gesti, di rabbia, di odio, perversione o solo di buoni intenti come in un film. E cosa ne farei con questo duro lavoro? Potresti capire di non fare la stessa scelta, farne altre, chiedere e dare perdono, potresti innaffiarti con stimoli benevoli iniziando a camminare su una altra strada.
Tieni a mente che il posto del cuore, scoprirlo, è solo l’inizio di un lungo viaggio che durerà tutta la vita, perché come scrisse O. Wilde, “Amare sé stessi è l’inizio di un idillio che dura una vita” ed io aggiungo che dall’amare se stessi poi si passa ad amare gli altri, la vita, chi te l’ha donata e vivere più consapevolmente per fare del
proprio tempo una ricchezza che abbia senso e valore.

Per quanto possa essere innaturale e difficoltoso – perché scavare in sé e rintanarsi e silenziarsi non è facile – questo momento di sospensione ed esilio forzato in casa, potrebbe serbare una grande occasione di conoscenza e coscienza. C’è da avere tenacia, perseveranza, c’è da obbedire, da non far gli eroi e da avere tanta speranza.
Così sono i miei giorni, immersi dentro di me, con viaggi e soste, con la testa a far capolino fuori la finestra, con la compagnia delle attività che adoro, con la fede e la preghiera costante, con lo smart working. Mi sento vestita del mio scrivere, coperta dai miei libri e in viaggio, un viaggio arduo. Il viaggio della vita alla scoperta
dell’amore.

E a te che stai leggendo, consiglio, come me di partire, volare verso di te, peregrinare nel profondo degli abissi per tornarne lavato/a da sporcizie e pronto/a per vivere meglio!

CONDIVIDI!